IRAN 2010
Gold and Copper: recensione
Per secoli gli alchimisti hanno cercato il segreto per la trasmutazione in oro dei metalli meno nobili, intesa anche come metafora di una profonda trasformazione spirituale. Il titolo “Gold and Copper”, esplicitato nella conclusione del film, ha in sé lo sviluppo necessario di una storia che inizia tra gli scaffali di una biblioteca e si chiude quando lo studio diventa azione, appena fuori dell’aula di etica, nel cortile del seminario di Teheran. Seyed Reza, discendente del Profeta, è uno studente di teologia che si è appena trasferito con la famiglia nella capitale per perfezionarsi negli studi. Perno della vita familiare è la sorridente abnegazione di Zahra, la giovane moglie che si prende cura di Seyed e dei bambini come della nuova vicina di casa, trovando anche il tempo di tessere i tappeti tradizionali che guadagnano loro da vivere. Ma la salute di Zahra peggiora costantemente, fino al ricovero in ospedale, dove le viene diagnosticata la sclerosi multipla. Stordito dalla disgrazia, Seyed si trova improvvisamente nella necessità di cucinare, cambiare pannolini, accompagnare la figlia a scuola e portare con sé il bambino tra gli allievi e i maestri del seminario.
Attraverso dettagli sottili ma rivelatori, dalla freddezza dei colleghi di Seyed alla diversa accoglienza che gli è riservata a seconda che si presenti “in borghese” o con l’abito religioso, il film denuncia, in modo spesso inatteso, le tensioni di una società che fa pochi sconti ad una famiglia in crisi. Con una narrazione apparentemente semplice e spontanea, in realtà frutto di un attento controllo di tutti gli elementi tecnici e artistici, Asadian rilegge il classico melodramma domestico trasformando una storia alla “Mister mamma” in una commovente parabola di respiro universale, che mescola humour e tragedia con un forte senso del sacro nelle fatiche quotidiane. La malattia, nel sovvertire schemi e ruoli collaudati, costringe tutti a una strenua prova di “etica applicata” che concretizza le eloquenti citazioni coraniche sul potere trasformativo dell’amore. La recitazione offre più di un tour de force nella resa del rapporto di coppia in un contesto che proibisce di mostrare sullo schermo il contatto fisico tra uomini e donne; nei panni di Zahra, Negar Javaherian è semplicemente straziante quando le gambe la tradiscono mentre cerca di cucinare per la figlia un piatto di spaghetti.
Apprezzato anche in patria per equilibrio e intelligenza, tanto dal clero tradizionalista quanto dagli studenti più radicali, “Gold and Copper” è soprattutto un appello alla compassione, che non contesta la religione ma il freddo dogmatismo con cui essa, talvolta, viene praticata.
Una finestra su una terra misconosciuta e un’occasione rara per scoprire il cinema iraniano non distribuito in Occidente.